May 4, 2008 11:45 AM says Moira
Vivo in Kenya da oltre sei mesi, ed in qualche modo questo paese mi è scivolato addosso, silenzioso, senza toccarmi. Sono un’ospite, resterò un’ospite. Anche per questo, forse, finora non ho scritto nulla. Le mie parole sono deboli, sono sciatte, facili da dimenticare. Ma oggi riprovo a raccontare.

Sulla rotonda di Westlands c’è un uomo con una bilancia. È una di quelle vecchie bilance da farmacia, non elettroniche, con il pannello bianco e rotondo su cui la freccia gira gira gira fino a segnare il peso (sarà esatto?). Quest’uomo passa tutto il giorno sotto il sole, in uno degli angoli più inquinati di Westlands, aspettando che qualcuno voglia pesare qualcosa. Lo vedo tutti i giorni al ritorno dal lavoro, se torno a casa prima del tramonto – di notte evidentemente non c’è nulla da pesare, e poi non si vede. Finora non ho mai visto nessuno pesare nulla sulla sua bilancia, ma forse un giorno sarò fortunata. Mi domando quanto chieda per questo inconsueto servizio, se guadagni abbastanza da poter vivere. Non c’è nulla da pesare, tutto è etereo in questo paese, tutto è inconsistente, come le promesse vuote dei politici al potere.

Nelle vicinanze, in un incrocio fra un benzinaio, due centri commerciali e una fioreria di strada, c’è un altro uomo. Vende un appendiabiti. Un solo appendiabiti laccato bianco, con i pomelli dorati. È un appendiabiti invernale, di quelli solidi dove puoi metterci sei cappotti pesanti, e c’è ancora spazio per le sciarpe ed i cappelli. È un appendiabiti fuori luogo, in una città in cui fa ancora caldo e non c’è nulla da appendere. Sempre lo stesso appendiabiti, che ancora non ha venduto. Sono sei mesi che son qui, e sei mesi che vedo lo stesso uomo con lo stesso appendiabiti, convinto che un giorno riuscirà a liberarsi da quell’oggetto assurdo e sorpreso come un punto esclamativo.

Quando me ne vado, magari lo compro io.

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