Fantasmi, di Tiziano Terzani

Apr 28, 2012 1:16 PM says Moira
Terzani è stato un grande giornalista perché si sforzava sempre di andare al fondo delle cose, provava a capire, e a spiegare, attraverso i suoi scritti. 
"Fantasmi" non fa eccezione, racchiude informazioni accurate, momenti di elegante scrittura ed acuta comprensione dell'animo umano, qualche raro, rarissimo errore. Gli articoli cominciano negli anni Settanta e si concludono con un pezzo magnifico sulla bellezza di Angkor, accompagnando la storia della Cambogia in quei vent'anni in cui Terzani la frequentò.

Una raccolta di articoli giornalistici ha il vantaggio di riportare elementi che con il tempo, e con la storia dei vincitori, verranno dimenticati. E' forse più facile farsi un'idea indipendente perché la storia viene raccontata mentre accade, e non dobbiamo rielaborare il filtro dell'interpretazione dello storico che l'ha scritta. Anche i giornalisti, è indubbio, hanno le loro interpretazioni, ma raccontano l'immediato.

E quando la sua interpretazione si dimostrò palesemente sbagliata, Terzani lo ammise pubblicamente, che fa di lui, se possibile, uno scrittore ancora migliore. In molti articoli scritti prima che il genocidio cambogiano venisse alla luce, Terzani parteggia chiaramente per i khmer rossi, ed è estremamente scettico sui racconti dei massacri, considerati propaganda vietnamita o americana. In un pezzo pubblicato nell'85 racconta di come nemmeno di fronte all'evidenza all'inizio cambiò opinione, per poi finalmente capire.

Quel piano lo capii nella sua totalità solo col tempo, dopo essere stato in Vietnam, dopo aver visitato la Cambogia, dopo aver visto pozzi, caverne, dighe piene di scheletri, dopo aver camminato attraverso campi dove era impossibile non calpestare le ossa di migliaia e migliaia di persone che erano state soffocate, bastonate, abbandonate.

Si discosta dalla linea comune che considerò i khmer rossi e i loro massacri come follia, per spiegarne la logica. Aberrante, mostruosa, ma pur sempre logica. Scartare il genocidio come follia non è altro che sminuirne la portata, e minimizzare l'influenza su quel genocidio dell'ideologia che lo ha ispirato.

I khmer rossi non sono stati una aberrazione, sono i figli ideologici di Mao Zedong. Sono stati allevati e tenuti a battesimo in Cina; e in questo la Cina ha enormi responsabilità. [...] Pol Pot non è un pazzo; quello che ha tentato di fare in Cambogia è la quintessenza di ciò che ogni rivoluzionario vorrebbe realizzare: una nuova società.

La Cambogia oggi porta i segni di quel genocidio: dietro l'onnipresente sorriso, è ancora sottopelle. Il Primo Ministro è un ex khmer rosso, al potere da quasi trent'anni. Coloro che erano bambini all'epoca e che sono sopravvissuti, erano malnutriti e le loro capacità cognitive ed intellettuali non si sono sviluppate come in una popolazione sana. Tutti hanno perduto qualcuno. Dei circa sei milioni di cambogiani nel 1975, si stima che nel 1979 quando i vietnamiti liberarono Phnom Penh ne fossero rimasti quattro, quattro e mezzo. Se li potessimo contare sarebbe come dire che in quei quattro anni morirono oltre mille persone al giorno, ogni giorno. Pol Pot non è mai stato giudicato.

La Cambogia è un'altra scoraggiante prova che al mondo non c'è giustizia e che l'umanità ha perso la capacità d'indignarsi. 

Leggetelo.






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