Djibouti, mon amour!

May 10, 2008 9:35 AM says Moira
Due parole sul Gibuti: troppo caldo.
Altre due parole: troppi legionari.

In Gibuti ci sono 40 gradi e 4000 soldati della Legione Straniera. Combinazione pericolosa: il caldo da alla testa ed i Legionari si incazzano facilmente. Salvo portare una divisa ridicola coi pantaloni corti e stretti da scolaretti ed i calzettoni al ginocchio. Io non so chi sia il genio che ha disegnato la divisa dei Legionari del Gibuti, ma giuro che merita una medaglia al valore. Che poi, cosa strana, ho cercato una foto su internet per aggiungerla a queste righe, ed è impossibile trovare una foto della divisa che ho visto io. Tutte le foto sono di divise normali della Legione, ma la versione scolaretto gay non c’è…

Insomma, in Gibuti fa un caldo disumano. Ci sono circa 40 °C ed abbiamo appena passato l’inverno. Fra un paio di mesi – d’estate – si arriva ai 55. Alle sette di mattina fa caldo come da noi all’una in agosto. Comunque dopo un po’ il corpo si abitua, incredibilmente, ed è possibile persino svolgere normali attività – cosa che nei primi 15 minuti di permanenza sul suolo gibutiense* avevo concluso essere impossibile.

Non ho visto molto del paese perché i lavori della conferenza duravano fino a tardi, ma l’ultima notte un consulente che vive qui e la sua ragazza gibutiense ci hanno portato a conoscere la vita notturna di questo angoletto d’Africa. Visto un bar li hai visti tutti (ce ne sono 17). Quello che ho trovato particolarmente interessante sono le dinamiche di socializzazione all’interno dei bar: la popolazione è composta esclusivamente da due specie: legionari (in borghese o in versione scolaretto gay) e prostitute etiopi. Noi 6 si vedeva proprio che eravamo atterrati da un altro pianeta…
I bar sono tappezzati di specchi dimensione parete (soffitto incluso) e tutti quanti ballano da soli guardandosi allo specchio. Sembra una classe svogliata di aerobica. Mah…

Raramente qualche coppia di ragazze balla insieme, persino qualche coppia o gruppo di ragazzi (non necessariamente gay, qui ballare insieme non significa per forza essere omosessuali), ancora più difficile vedere un uomo e una donna, a meno che non sia un lento.

Quello che è facilissimo da vedere sono le risse: i legionari sono ragazzi sensibili e basta inciampare su qualcuno che succede il finimondo. In una sola serata io mi sono ritrovata testimone di 5 risse e coinvolta in 2 – niente di grave, mi hanno solo rovesciato addosso una vodka mentre cercavo di separare la nostra amica gibutiense dalla moglie incazzata di un legionario ubriaco. Più tardi invece abbiamo separato il consulente incazzato da un altro legionario ubriaco (tanto per cambiare). In fin dei conti, non mi sono annoiata, ed ho persino ballato una canzone con un collega “the Djibouti way” – di fronte allo specchio. Meno male che non ci ha visto nessuno.

La mattina dopo sono andata al mercato con Khadra, l’amica gibutiense, a vedere un po’ di Gibuti quotidiano. Non c’è assolutamente nulla da vedere, soltanto un mercato pieno di gente accalorata (ma l’unica sudata ero io, questi gibutiensi devono avere il termostato incorporato).

Insomma per tutti quelli che si tormentavano nel dubbio: state tranquilli, si può vivere senza aver visitato il Gibuti.


*Gibutiense è un moirologismo: non ho idea di come si dica “abitante del Gibuti” in italiano della Crusca, quindi vado di licenza poetica. Abbiate pazienza, ci sono pur sempre 40°C qui, eh!

1 Response to "Djibouti, mon amour!"

  1. Anonymous Says:

    You write very well.

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